Scegliere il titolo per un libro

Il titolo di un libro è ciò che più di tutto lo identifica e lo imprime nella memoria dei lettori. Ma come scegliere quello giusto, che rappresenti il libro al meglio, accontenti autore ed editore e abbia un appeal commerciale?

Scegliere il titolo di un libro è una fase molto delicata e al tempo stesso cruciale. Nella maggior parte dei casi sono gli autori a proporre un titolo alla casa editrice, ma altrettanto spesso la casa editrice lo cassa per proporre qualcosa di più incisivo e commerciale.

L'evoluzione dei titoli dei libri

Il titolo di un libro non ha sempre avuto il peso che gli diamo oggi: un tempo non c’era nessuna competizione e quindi nessuna necessità che un libro fosse attrattivo per i potenziali lettori, che di fatto non esistevano. 

Questo perché erano poche le persone alfabetizzate, e ancora meno quelle in grado di leggere un libro di un qualche spessore culturale. Negli anni, poi, l’oggetto libro ha subito un’evoluzione, e oggi l’aumento delle pubblicazioni lo ha trasformato a tutti gli effetti in un prodotto commerciale. E, come tale, il titolo è uno dei principali elementi su cui insistere per la vendita.

I titoli nella storia

Il nome “titolo” deriva dal latino titulus, che indicava un cartello o un’iscrizione; il plurale, invece, tituli, era già usato per le etichette dei singoli volumen. 

Con l’evoluzione del supporto su cui scrivere (dal rotolo di pergamena si passò al codex), l’incipit divenne il titolo nella maggior parte dei casi.

Ma è solo con la stampa a caratteri mobili che si afferma il concetto di titolo più o meno come lo conosciamo oggi: a partire dalla metà del Quattrocento, infatti, si iniziò a inserire una pagina finale, il colophon, che riportava tutte le informazioni sul libro, fra cui anche il titolo.

Già alla fine del secolo il titolo cambiò posto e andò ad occupare la copertina, e il colophon stesso ha avuto un destino simile, visto che oggi occupa una delle prime pagine. A questa altezza cronologica il titolo indicava il genere del libro oppure l’argomento.

Con l’ampliarsi del bacino di potenziali lettori, intorno al XVIII secolo i titoli diventarono sempre più lunghi: era un modo per avvicinare i lettori, soprattutto quelli di ceto medio, che ormai non solo sapevano leggere e scrivere, ma avevano anche le disponibilità economiche per acquistare generi di intrattenimento come i libri.

In seguito, a partire dall’Ottocento, iniziò una tendenza contraria, ovvero a rendere i titoli sempre più brevi e concisi. A metà del secolo, infatti, nasce il prototipo delle copertine che siamo abituati a vedere oggi, e che presentano il titolo in bella vista.

I titoli dei libri oggi

Il titolo per alcuni può essere considerato un genere a sé, e, come tale, può essere declinato in vari modi. Troviamo quindi:

  • eponimi: tutti quei titoli che riportano semplicemente il nome del protagonista, come Jane Eyre, Anna Karenina, Eugénie Grandet, molto diffusi nei romanzi classici
  • titoli tematici: suggeriscono quella che sarà la tematica del libro, come Delitto e castigo, Orgoglio e pregiudizio, I promessi sposi. Anche questi sono molto diffusi fra i romanzi classici
  • titoli imperativi o esortativi: compaiono nella letteratura contemporanea e hanno lo scopo di accorciare le distanze con il possibile lettore, che si sente coinvolto dall’esortazione del titolo stesso. Apripista di questo genere di titoli è stato il romanzo di Susanna Tamaro Va’ dove ti porta il cuore, dalla complessa vicenda editoriale

Quello su cui si trovano tutti d’accordo, dallo scrittore al lettore, passando per la casa editrice, è che il titolo avrà un grande peso nel successo di un libro. Deve saper attirare il lettore ed essere una chiave interpretativa del libro stesso, un equilibrio non semplice da mantenere. 

Per Gérard Genette il titolo ha una funzione:

  • descrittiva
  • connotativa
  • seduttiva

E con quest’ultimo aggettivo il critico letterario e saggista francese individua alla perfezione ciò che oggi ha maggior valore quando ci si trova di fronte alla scelta del titolo di un libro.

I titoli: una scelta dell'autore o della casa editrice?

Spesso i manoscritti arrivano in casa editrice già con un titolo, che l’autore può considerare definitivo o uno working title, cioè un titolo provvisorio di lavorazione. 

Se però l’autore non vuole vincere il Diagram Prize, istituito nel 1978 nel Regno Unito per creare intrattenimento durante la Fiera di Francoforte, e attribuito al titolo più strano dell’anno, farà bene anche a considerare i suggerimenti della casa editrice.

Ci sono molti casi famosi di titoli che non erano la prima scelta dell’autore, e, in alcuni casi, nemmeno una sua proposta. È anche così che nascono i titoli: dalla condivisione delle idee dell’autore con quelle di editor e redattori. 

Fra i libri che tutti conoscono, non avevano in origine questo titolo:

  • Il nome della rosa di Umberto Eco. Il primo titolo era infatti I delitti dell’abbazia, considerato un po’ troppo “poliziesco”; il titolo che conosciamo oggi deriva da una citazione alla fine del libro
  • La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Al suo esordio, questo autore ottenne un grande successo, ma sarebbe stato lo stesso se il libro si fosse intitolato Dentro e fuori dall’acqua, come in origine? Questo non lo sappiamo, ma sappiamo che il titolo definitivo lo dobbiamo a un’idea di Antonio Franchini, al tempo editor di Mondadori
  • Via col vento di Margaret Mitchell. Ebbene sì, per il suo primo e unico romanzo questa scrittrice non aveva pensato a questo titolo, poi divenuto iconico; fra le opzioni c’erano Tomorrow is another day (Domani è un altro giorno) e Not in our stars (Non nelle nostre stelle)

Gli esempi sarebbero moltissimi, ma per quanto il titolo debba essere rappresentativo dell’autore, vediamo come non sempre la prima scelta è quella più convincente, e spesso i titoli nascono anche dal dialogo con chi al libro ci lavora, una sorta di brain storming attraverso il quale si arriva a quello più giusto senza sapere di preciso chi l’ha proposto per primo.

Tradurre i titoli

Il titolo è un enorme problema traduttivo, sia per il cinema che per i libri. La difficoltà è dovuta sia ai diversi riferimenti che ogni contesto culturale e linguistico ha, sia a una non totale equiparabilità nella traduzione di alcune parole.

In italiano un tempo si tendeva a cambiare del tutto i titoli per adattarli alla lingua, mentre oggi si cerca di essere in generale più fedeli, anche se la libertà è calibrata anche sulla tipologia di testo:

  • per quelli letterari si cerca una maggiore fedeltà
  • per quelli commerciali è possibile avere più libertà ai fini del marketing
  • alcuni titoli restano nella lingua originale: oggi si sta affermando anche questa tendenza, perché si ha una migliore conoscenza dell’inglese ma anche perché c’è una certa sensibilità rispetto alla traduzione dei titoli

Anche i titoli italiani incontrano le stesse difficoltà di traduzione all’estero, ad esempio:

  • Castelli di rabbia di Alessandro Baricco: spesso all’estero è tradotto con “Terre di vetro”: Land aus Glas, Lands of glass, Tierras de cristal, solo in Francia la traduzione è (quasi) letterale, Chateau de colère
  • L’amica geniale di Elena Ferrante. “Geniale” è un aggettivo difficilmente traducibile nella sua ampiezza semantica. Afferisce sia al campo del “genio”, quindi del creare (dal latino gignere), ma in dialetto napoletano “non tenere genio” significa anche “non avere voglia, forza di volontà”. È stato tradotto con My brilliant friend, L’amiga estupenda, L’amie prodigieuse, mentre in catalano resta L’amiga genial

Scegliere un titolo

Scegliere un titolo non è affatto una cosa semplice, per quasi nessuno. E nemmeno per gli scrittori più affermati è un percorso lineare e univoco. 

Quando un autore si trova a dover scegliere il titolo del proprio scritto, oltre a parole per lui rappresentative del contenuto dovrà tenere in considerazione che oggi i titoli considerati migliori sono quelli che catturano l’attenzione dei potenziali lettori, ma al tempo stesso restano enigmatici. Tutt’altra cosa rispetto ai titoli didascalici e lunghissimi del XVIII secolo!

In generale possiamo dire che un buon titolo deve:

  • essere approvato dall’autore; più è affermato e più la sua opinione avrà un peso
  • rispondere a dei criteri estetici (non essere troppo lungo, non accostare parole che “suonano” male insieme…)
  • avere efficacia linguistica, ad esempio non essere banale o non contenere parole troppo desuete
  • avere un potenziale commerciale e quindi la possibilità di attirare i lettori-acquirenti

Anche qui, purtroppo, non c’è una scelta giusta e una sbagliata e un’unica via per arrivarci; in più, se un titolo è giusto dipende anche dal genere del libro: Siamo fatti così è un titolo adatto a un cartone animato per bambini, ma lascerebbe perplessi su un manuale per professionisti di anatomia!

FONTI

AA. VV., “A proposito di libri”, Cose spiegate bene, Il Post e Iperborea, 2021
V. Notarberardino, Fuori di testo. Titoli, copertine, fascette e altre diavolerie, Ponte alle Grazie, 2020
V. Parrella, “Perché adesso i romanzi ci danno del tu”, La Repubblica, 1 marzo 2013

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