Piccola guida all'uso della punteggiatura

Virgolette alte o basse? Punto o punto e virgola? La punteggiatura riveste una funzione cruciale nella comprensione di un testo, ma spesso viene usata senza criterio. Ecco quindi una piccola guida

Per chi si accinge a scrivere un romanzo, dei racconti o un saggio, la punteggiatura potrebbe essere uno scoglio non indifferente; al tempo stesso è fondamentale che il suo utilizzo sia curato e corretto, affinché una casa editrice giudichi il testo per prima cosa comprensibile. Dal punto di vista di un autore, la confusione potrebbe essere anche accentuata dall’eterogeneità delle norme redazionali (che comprendono anche la punteggiatura) delle diverse case editrici.

L'uso della punteggiatura

Per quanto la punteggiatura sia a tutti gli effetti un’espressione anche personale e soggettiva del ritmo da dare al discorso, ha senza dubbio una funzione di organizzazione del testo dal punto di vista logico e sintattico. 

I principali segni di interpunzione sono:

  • il punto
  • la virgola
  • il punto e virgola
  • i due punti
  • i puntini di sospensione
  • il punto esclamativo e interrogativo
  • le parentesi
  • i trattini
  • le virgolette
  • l’asterisco

Ai segni appena menzionati se ne aggiungono altri, con una funzione grammaticale:

  • accento
  • apostrofo

Fra le loro funzioni troviamo quella di cadenzare il testo creando delle pause: questa è la funzione più conosciuta e immediata. Ma la punteggiatura risponde anche ad altri criteri sintattico-organizzativi e quindi comunicativi. 

Il suo uso, però, è spesso variabile e troppo di frequente lasciato al gusto personale, che non sempre coincide con la correttezza logica e grammaticale.

Attenersi ad alcune semplici indicazioni può aiutare a presentare un testo scorrevole; saranno poi le singole case editrici ad adattarlo eventualmente alle proprie norme.

Il punto «.»

Il punto indica una pausa forte e nella maggior parte dei casi serve per concludere una frase o un periodo. Altri usi che si possono rilevare sono:

  • alla fine di parole abbreviate (come «dott.»)
  • nelle parole contratte (come «dott.ssa»)
  • nell’uso contemporaneo, tendente a una maggiore frantumazione del periodo, a volte va a sostituire la virgola o i due punti

Non si deve usare il punto alla fine della frase se:

  • termina con una parola abbreviata (come «ecc.» o «d.C.»)
  • termina con un punto esclamativo, interrogativo o con i puntini di sospensione

La virgola «,»

È uno dei segni di interpunzione più usati insieme al punto, e quello che più di tutti assolve alla funzione di organizzare la frase da un punto di vista della sintassi.

Si usa:

  • per enumerazioni («Alla festa verranno Bianca, Luisa, Mattia»)
  • per gli incisi («Elena, nonostante il freddo, era felice di passeggiare all’aria aperta»)
  • prima e/o dopo un vocativo («Ti prego, Luca, smettila», ma anche: «Caro mio, così stanno le cose»)
  • prima e/o dopo le apposizioni se queste seguono il nome a cui si riferiscono («Sono stato a Barcellona, una città spagnola»; «Barcellona, città spagnola, è la meta preferita dei giovani»)
  • fra principale e subordinate introdotte da “benché”, “sebbene”, “anche se” e simili («Laura era in ansia, sebbene Giovanni l’avesse rassicurata»)

Bisogna sempre tenere in considerazione, però, che l’utilizzo della virgola è influenzato anche dall’economia di tutta la frase, e quindi queste indicazioni andranno prese con la necessaria flessibilità.

Non ci sono margini di scelta, invece, per i casi in cui usarla sarebbe un grave errore:

  • fra soggetto e verbo («Marco ama Maria» non «Marco, ama Maria»)
  • fra verbo e predicato nominale («Maria è bella» non «Maria è, bella»)
  • fra un verbo transitivo e il suo complemento oggetto («Marco attacca un quadro» non «Marco attacca, un quadro»)
  • fra la frase principale e una subordinata:
    • soggettiva («Si diceva che Maria fosse bella» non «Si diceva, che Maria fosse bella»)
    • oggettiva («Dicono che le temperature si alzeranno» non «Dicono, che le temperature si alzeranno»)
    • interrogativa indiretta («Marco chiese a Maria che cosa voleva fare» non «Marco chiese a Maria, che cosa voleva fare»)

Il punto e virgola «;»

Indica una pausa intermedia fra il punto e la virgola, ed è uno dei segni più bistrattati, forse per la sua natura ibrida. La scelta di usarlo è spesso delegata allo scrittore stesso e diventa in alcuni casi quasi una questione di stile. È però molto frequente nella Costituzione Italiana, ad esempio.

In generale si usa per:

  • elenchi complessi («Per il suo compleanno, le amiche di Giulia hanno portato la torta; sua mamma le decorazioni; i suoi zii le bibite»)
  • per dividere più frasi coordinate fra loro («Mi dispiace di non essere venuta, ma avevo la febbre; sono stata tutto il giorno a letto a riposare»)

I due punti «:»

A livello di ritmo del testo, i due punti indicano una pausa intermedia, simile quindi a quella del punto e virgola. A differenza di questo, però, godono di maggiore notorietà, forse grazie al loro uso più specifico.

I due punti hanno la funzione di introdurre ciò che segue, con l’effetto di richiamare l’attenzione del lettore, e che può essere:

  • una spiegazione
  • un elenco
  • un discorso diretto

L’uso narrativo contemporaneo tende ad evitare un accumulo dei due punti all’interno della stessa frase, che invece era comune nel passato e resiste ancora oggi soprattutto nella saggistica scientifica.

I punti esclamativo «!» e interrogativo «?»

Hanno entrambi la stessa funzione del punto fermo di creare una pausa lunga, ma:

  • il punto esclamativo serve a dare un’intonazione discendente, ed è usato per esclamazioni di sorpresa, rabbia, affetto, felicità
  • il punto interrogativo dà un tono ascendente e si usa solo per le domande

La stessa parsimonia usata per i puntini di sospensione andrà mantenuta per il punto esclamativo: il rischio è che il testo, pieno di esclamazioni, risulti “urlato”.

In casi molto particolari (ad esempio nelle pubblicità o nei fumetti) sono usati anche insieme «!?». Questa modalità pop di riprodurre perplessità o una forte emozione è ormai entrata anche nei libri di narrativa: con moderazione va bene inserirli, magari unendo un solo punto interrogativo a un solo punto esclamativo.

I puntini di sospensione «…»

Sono sempre in numero di tre e per inserirli va usato l’apposito carattere tipografico. Esattamente come un punto o una virgola, sono attaccati alla parola che seguono e devono avere uno spazio prima della parola che precedono.

Il loro uso dovrebbe essere limitato a pochi casi:

  • discorso lasciato in sospeso
  • ellissi nomi («il signor S…» per omettere il nome completo; un tempo si usavano gli asterischi: «il signor S***)

Bisognerebbe usarli con parsimonia, perché creano un effetto ridondante e ricordano quel curioso fenomeno sociolinguistico per cui negli ultimi anni si è rilevato un loro abuso da parte dei cinquantenni e sessantenni sui social network.

Le parentesi «()», «[]» e i trattini «–», «-»

Le parentesi tonde assolvono alla funzione di delimitare un inciso; potrebbero per questo essere anche sostituite dalla virgola. I trattini, tassativamente lunghi, hanno uno scopo analogo, ma sono un anglicismo.

Le parentesi quadre non sono solitamente utilizzate nel testo, ma, se racchiudono i puntini di sospensione «[…]» indicano un’omissione, ad esempio in una citazione. Come quelle tonde, devono essere sempre usate in coppia.

Infine, il trattino breve serve per collegare due parole (aggettivi, sostantivi o nomi propri) ed è il carattere tipografico usato anche quando per la sillabazione la parola finisce al rigo successivo.

I trattini e le virgolette nei dialoghi

Forse questo è il tasto più dolente per gli aspiranti scrittori, confusi anche dall’uso eterogeneo che le case editrici fanno di questi segni di interpunzione, soprattutto per quel che riguarda i dialoghi.

Il trattino, quando indica un discorso diretto, deve essere lungo «–», come si vede ad esempio nei libri Einaudi.

Le virgolette possono avere varie forme:

    • alte «“”» usate per:
      • discorso diretto (ad esempio nei libri Bompiani)
      • sottolineare un uso della parola che racchiudono che si discosta da quello solito; per le parole straniere è preferibile usare il corsivo
    • basse, caporali o sergenti, quelle usate fino a ora per racchiudere i vari segni di interpunzione: «». Vengono usate per:
      • discorso diretto (ad esempio nei libri Adelphi)
      • citazione inferiore alle tre righe di lunghezza

Se all’interno del dialogo è presente una citazione, si potranno usare le virgolette alternative a quelle che introducono la battuta del personaggio; ad esempio: «Giulia mi ha detto “Devi smetterla con questo comportamento”» disse Marco.

Il modo in cui vengono indicati i dialoghi in un libro è probabilmente il campo in cui c’è più oscillazione fra le varie case editrici. Per un autore che vuole inviare il proprio testo in valutazione, si consiglia di mantenere la coerenza, e quindi usare per il discorso diretto o i trattini, o le virgolette alte o le caporali, e soprattutto di usare i simboli giusti: non il trattino corto e nemmeno i segni di minore e maggiore raddoppiati («<<» e «>>»).

L’asterisco «*»

Questo simbolo, come abbiamo già ricordato, era usato per indicare un’omissione, ad esempio in un nome, ma anche laddove non era possibile ricostruire la lezione originale.

Al di là delle questioni filologiche, oggi spesso è inserito fra due paragrafi (ad esempio in numero di tre «***») per indicare una cesura narrativa, temporale, spaziale o concettuale.

Gli accenti

Gli accenti fanno parte di quei simboli che indicano una parola tronca, cioè accentata sull’ultima sillaba, e aiutano a distinguere parole omofone (cioè che suonano allo stesso modo) o che altrimenti sarebbero omografe (cioè scritte allo stesso modo).

In italiano gli accenti usati sono:

  • grave:
    • sulle vocali «à», «ì», «ò», «ù» quando sono alla fine di parole tronche
    • alla terza persona singolare del verbo essere, «è» (sì, anche se è maiuscola! Si trova da «Inserisci 🡪 simboli» nella barra in alto dei programmi di scrittura)
    • in alcuni nomi comuni e propri: «caffè», «tè», «Giosuè»…
    • nell’interiezione «ahimè»
    • nella congiunzione testuale «cioè»
  • acuto, solo sulla «-é»:
    • alla terza persona del passato remoto (ad esempio «poté», «ribatté»…)
    • nei composti di «-che» (come «perché», «benché»…)
    • nei composti di «tre» e «re» (quindi: «trentatré», «viceré»…)

L'apostrofo

L’apostrofo è usato in caso di elisione e, come per gli accenti, non saperlo usare significa commettere degli errori di grammatica.

Lo troviamo:

  • prima di una parola femminile che inizia per vocale: «un’isola», «nessun’altra»; ma: «nessun altro»
  • alla fine di parole troncate: «fa’» imperativo del verbo «fare» (ma «fa» quando è indicativo presente), «da’» imperativo del verbo «dare» (ma «dà» quando è indicativo presente)…

Tanti editori, altrettante norme redazionali

Lungi dal voler essere esaustiva, noterete come questa piccola guida potrebbe essere “smentita” proprio dal libro che state leggendo in questo momento. 

Niente paura, al di là di quelle che sono le regole grammaticali, ogni casa editrice ha le proprie norme redazionali e anche fra i libri della stessa casa editrice, magari di collane o periodi diversi, è possibile notare un’oscillazione. Questo perché la punteggiatura è un ambito non immutabile e in cui resiste una certa libertà.

Nonostante la razionalizzazione che si è avuta nel tempo, questo margine di discrezionalità può essere utilizzato dall’autore a suo vantaggio per fini espressivi, ma anche espressionistici e sperimentali, sempre senza incorrere in errori formali e grammaticali.

FONTI

AccademiadellaCrusca
Treccani

M. Cammarata, Il correttore di bozze, Editrice Bibliografica, 1997
A. Cevolini, “Punteggiare la comunicazione e comunicare la punteggiatura”, La Bibliofilía, a. CXI, n. 3, 2009
B. Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Laterza, 2003
B. Mortara Garavelli (a cura di), Storia della punteggiatura in Europa, Laterza, 2008
J. Tschichold, La forma del libro, Ronzani, 2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *