Cos'è il font?

Se un tempo i libri erano scritti a mano, oggi non più, e si parla di font per riferirsi all’aspetto e alla forma che la scrittura su carta stampata ha

Il font è la forma che assume il mezzo linguistico di fronte a noi. Possiamo paragonarlo un po’ alla grafia di ognuno, e a come questa comunica un messaggio diverso a seconda del suo aspetto; il font va scelto in base al contesto e potrà avere una diversa funzione grazie alla dimensione e all’utilizzo di grassetto e corsivo.

Il font o la font?

Ma, prima di approfondire l’utilizzo di quello che rappresenta il segno dello scrittore sul foglio virtuale del pc, una domanda preliminare: di che genere è la parola font?

La confusione nasce probabilmente dalla doppia origine di questo prestito in italiano:

  • la font deriverebbe dal francese fonte, usato in ambito tipografico
  • il font deriverebbe dall’inglese ed è riferito all’ambito informatico

Sarebbe quindi possibile una convivenza dei due termini per indicare un settore diverso, ma l’uso sembra preferire l’anglicismo, anche perché solitamente i prestiti da lingue straniere neutre, che cioè non indicano il genere dei sostantivi, vengono trattati come maschili.

C’è da aggiungere che la parola font non ha un esatto corrispettivo in italiano, e il suo utilizzo come sinonimo di “carattere” è errato. Infatti:

  • font è un insieme di caratteri accomunati dallo stesso aspetto e dalla stessa grafia
  • carattere è il singolo carattere tipografico, con riferimento alla stampa a caratteri mobili e oggi usato per indicare la singola lettera; è quello che gli inglesi chiamano typeface

Quando nascono i font?

Il font vero e proprio nasce con la stampa a caratteri mobili, inventata da Johannes Gutenberg fra 1454 e 1455: una rivoluzione alla base dell’editoria stessa.

Se in passato i libri erano ricopiati minuziosamente a mano dai monaci amanuensi, e arricchiti di miniature e decorazioni, con la stampa si dovette optare per un aspetto più essenziale, semplice ed economico da realizzare.

Con il tempo vari tipografi hanno dato il loro contributo con l’invenzione di alcuni font: gli stessi che oggi, trasposti nei loro corrispettivi digitali, mantengono ancora il loro nome.

Apporti significativi per arrivare a quelli che conosciamo li hanno dati:

  • Francesco Griffo, un tipografo che disegnò i caratteri per Aldo Manuzio, considerato il primo editore moderno e attivo a Venezia; lo stesso Griffo inventò il corsivo, conosciuto al tempo come Aldino, proprio perché realizzato per Aldo Manuzio, e chiamato oggi italic in inglese per la sua origine
  • Claude Garamond: tipografo francese, incise dei caratteri ispirati a quelli di Griffo, che hanno dato vita al font oggi più usato per i libri, almeno in Italia, ovvero il Garamond

Con il Novecento cambiò lo stile dei caratteri, che divennero più essenziali. Fra quelli ancora oggi molto usati ricordiamo:

  • Futura, creato da Paul Renner nel 1927 ispirandosi al Bauhaus
  • Helvetica, nato in Svizzera, come suggerisce il nome, nel 1957

Il termine font, almeno in Italia, è entrato nel linguaggio editoriale solo in tempi recenti, e proprio attraverso l’informatica, quando nel 1984 Apple lanciò sul mercato il suo Macintosh, il primo computer in grado di lavorare sui testi a video.

Quanti e quali font?

Ad oggi purtroppo non esiste una classificazione univoca e condivisa dei vari tipi di font, che con l’avvento di Internet si sono moltiplicati. Alcuni sono disponibili gratuitamente, altri a pagamento, e nonostante la grande eterogeneità possono essere divisi in varie tipologie in base al loro aspetto:

  • i font serif: anche questa definizione viene dal francese e indica quei font che in italiano si chiamano “graziati”, ovvero che hanno le grazie; queste sono le estremità delle lettere e servono per legare visivamente una parola all’altra e per attenuare lo stacco fra nero e bianco, in modo che il risultato sia più leggibile. Sono utilizzati soprattutto per testi lunghi come libri, articoli di riviste e quotidiani
  • i font sans serif: sono font senza grazie, ovvero linee dritte basate su forme solitamente essenziali. Nascono nel 1832 con il Grotesk e conoscono un grande implemento e una grande diffusione nel Novecento. Sono preferiti ai serif per le copertine dei libri, la pubblicità, i testi per il web
  • i font transizionali: sono quelli di più recente invenzione e nascono grazie alla migliore qualità della stampa; le grazie vengono “sostituite” da un diverso spessore delle linee, che riproduce almeno in parte la funzione del serif

Ci sono poi font particolari, che vanno sempre usati con molta attenzione e parsimonia: non sono adatti a qualsiasi tipo di comunicazione, e, soprattutto, sono funzionali a messaggi brevi:

  • i font calligrafici, ovvero quelli che riproducono la grafia, di solito la calligrafia appunto, e quindi una bella scrittura; ne esistono anche di più simili a una scrittura informale e si chiamano handwriting
  • i font decorativi: sono molto particolari e non sempre immediatamente leggibili, per questo vanno usati con moderazione e in casi specifici; quasi sicuramente non è una buona idea inserirli in un libro

Alcuni font specifici hanno fatto la storia della tipografia moderna e contemporanea, andiamo a vedere quali sono.

Garamond

Creato nel XVI secolo dal tipografo e incisore di caratteri Claude Garamond, era ispirato come abbiamo accennato alle lettere che Griffo aveva inciso per Aldo Manuzio. È il carattere della maggior parte dei libri pubblicati dalle case editrici italiane, fra le quali:

  • Einaudi, che se ne fece disegnare nel 1956 una variante dal tipografo Simoncini di Bologna, dal quale viene il nome (Garamond Simoncini
  • Bompiani
  • Sellerio
  • BUR Biblioteca Universale Rizzoli 
  • Feltrinelli
  • Iperborea, che pubblica letteratura nordica
  • Salani, che, fra gli altri, ha pubblicato tutti i libri della saga di Harry Potter

Bodoni

È il più famoso dei font serif considerati moderni, ed è stato creato a inizio Ottocento dal tipografo di Parma Giambattista Bodoni, ispirandosi al Baskerville.

Helvetica

Come suggerisce il nome, è nato in Svizzera, dove nel 1957 Max Miedinger lo realizzò su commissione di Eduard Hoffmann. Quest’ultimo voleva un font caratteristico per il nome della sua fonderia, da contrapporre a quello della concorrente.

Helvetica è oggi uno dei font del programma di videoscrittura di Apple, mentre Microsoft, che non era riuscito a comprarlo negli anni Ottanta, ha optato per un design simile: Arial.

Oggi Helvetica è diventato uno dei font più usati dai grafici pubblicitari, mentre in editoria di solito è usato solo per la copertina.

Palatino

È un font graziato ideato da Hermann Zapf nel 1948 ed è chiamato così in onore di Giambattista Palatino, un maestro di calligrafia del Sedicesimo secolo.

Ancora oggi molto apprezzato dalle case editrici italiane, è usato in particolare da Mondadori.

Times New Roman

Il Times New Roman fa parte dei cosiddetti font transizionali, ovvero quelli che non presentano tanto grazie quanto assottigliamenti delle estremità che assolvono a una funzione simile nella lettura.

Fu ideato negli anni Trenta per il quotidiano inglese The Times e anche oggi è spesso usato per testi giornalistici.

Comic Sans

Sicuramente uno dei caratteri più conosciuti, forse non uno dei più apprezzati. Questo carattere scherzoso che sembra richiamare le vignette dei fumetti è natoin un contesto adatto al suo aspetto.

Fu ideato infatti da Vincent Connare a metà degli anni Novanta per Rover, l’assistente del nuovo sistema operativo Windows 95, che aveva l’aspetto di un cagnolino.

Il Comic Sans, per quanto non incontri molto favore, al tempo ebbe un grande successo, ed è uno degli esempi migliori per dimostrare quanto il font influenzi il messaggio che vogliamo dare. Se a usarlo è un cagnolino virtuale è perfetto, ma se viene usato per comunicazioni serie potrebbe apparire fuori luogo.

È però successo di usarlo ad esempio al CERN di Ginevra, nel 2012, quando l’annuncio era della massima serietà e importanza, ovvero la scoperta del Bosone di Higgs!

Scegliere un font

Scegliere il font con il quale apparirà un dattiloscritto o un libro non è un dettaglio irrilevante, in quanto aiuta a dare serietà al proprio lavoro e a renderlo leggibile.

Scrivere un libro sottende un atto comunicativo, e il font si colloca a metà fra il canale (cioè il mezzo fisico della trasmissione del messaggio) e il codice (cioè l’insieme dei segni usati per comunicare un messaggio).

Riveste quindi una funzione comunicativa fondamentale e la sua scelta non deve essere sottovalutata, in quanto rappresenta l’aspetto stesso del libro.

FONTI

AccademiadellaCrusca
IlLibraio.it
IlPost

AA. VV., “A proposito di libri”, Cose spiegate bene, ll Post e Iperborea, 2021
J. Tschichold, La forma del libro, Ronzani, 2021

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