Breve storia della promozioe editoriale

A partire dai collaboratori di Gutenberg, fino ad arrivare alla giungla dei social network, quella della pubblicità che ha promosso e sostenuto i libri è una storia fatta di successi e fallimenti 

La promozione editoriale è un settore in cui tutti gli autori si devono cimentare prima o poi. In un mondo competitivo come quello dell’editoria − soprattutto ai giorni d’oggi, in cui ogni anno escono migliaia di titoli − è diventato ormai fondamentale adottare la giusta strategia di marketing editoriale per sperare di ottenere visibilità e successo a livello di vendite. 

Volantini, poster, sconti e promozioni speciali: andando indietro nel tempo, scopriamo come da sempre gli editori si siano impegnati per trovare soluzioni innovative per vendere i propri libri.

Volantini pubblicitari

La prima mossa di promozione editoriale la possiamo rintracciare nei volantini pubblicitari che Peter Schöffer, che aveva già collaborato con Gutenberg alla creazione della Bibbia, aveva stampato e appeso probabilmente fuori dalla stamperia, o in altri luoghi, anche non direttamente legati ai libri. 

Il foglio promozionale presentava 19 titoli e quattro righe introduttive di impronta decisamente promozionale: «Chi vuole procurarsi gli scritti sotto-elencati, corretti con grande diligenza e così stampati con i tipi di Magonza, e con cura anche in seguito, venga a casa mia a vederli. Segue l’elenco dei libri». 

Questi volantini non costituivano solo la prima pubblicità del libro, ma anche in assoluto la prima forma di pubblicità stampata. 

Cataloghi

Nel ‘500 la pratica di stampare fogli con gli elenchi dei libri di stampatori-editori si sviluppò nella produzione di cataloghi ragionati, preziosi strumenti da distribuire a clienti e potenziali acquirenti. 

Non bisogna tuttavia pensare che gli stampatori-editori di quell’epoca fossero più ricchi o più avanti degli altri artigiani e imprenditori. Semplicemente avevano a disposizione l’attrezzatura per produrre materiali pubblicitari!

Il "Prospectus" per l'"Encyclopédie"

Denis Diderot non fu solo direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie, ma si dedicò con cura e dedizione alla creazione di un volumetto promozionale senza precedenti, il Prospectus, un testo che rappresenta ancora oggi un valido esempio di scrittura finalizzata alla vendita di un prodotto culturale. 

Com’è noto, il componimento della celebre enciclopedia da realizzarsi in 35 volumi avrebbe richiesto 22 anni di lavoro. Gli editori dovevano affrontare uno sforzo economico imponente, perciò si preoccuparono di comunicare e pubblicizzare l’evento al fine di ottenere sottoscrizioni dai futuri acquirenti. 

Il Prospectus inizia anticipando alcune tecniche che sarebbero state codificate due secoli dopo, in America, ai primi del Novecento: «Nessuno sinora aveva concepito un’opera tanto vasta, o quanto meno nessuno l’aveva attuata». Diderot continua poi con un’analisi della concorrenza, rilevando i limiti delle enciclopedie esistenti e sottolineando l’alto rigore nell’assegnazione delle voci della loro versione. 

Nel 1750 il Prospectus di Diderot venne stampato in 8000 copie e distribuito alle librerie per raccogliere le sottoscrizioni. E l’anno seguente uscì il primo volume dell’opera, accolto da 1002 sottoscrizioni: un risultato clamoroso considerate l’epoca e l’importanza economica dell’impegno. 

Manifesti

Nel Settecento si diffusero i manifesti, e il principale media pubblicitario diventò il poster. La pubblicità stava conquistando i muri, e nel secolo successivo le affissioni si diffusero così tanto per le strade che in Inghilterra, nel 1830, una legge proibì di affiggere manifesti sulle proprietà private. 

Si pensò così di attaccarli sui corpi, e nacquero i primi uomini sandwich. Poi vennero inventati i carri con torri di annunci mobili. 

I manifesti erano principalmente usati per medicamenti miracolosi, compagnie di teatro, spettacoli e per editori di libri. 

Oggi, in piena era digitale, il muro rimane un media attuale e ancora ricercato proprio per la sua diffusa visibilità. Viene utilizzato molto poco in editoria perché è diventato un mezzo costoso. Tuttavia spesso le affissioni vengono oggi utilizzate per pubblicizzare mostre o fiere del libro. 

Le sottoscrizioni

Negli stessi anni in Italia non si raggiungevano questi risultati. Lo scrittore Guido Da Verona ne imputava la colpa agli scrittori, che troppo spesso rimanevano chiusi nelle proprie torri d’avorio e non volevano sporcarsi le mani col mercato. 

In quegli anni, infatti, molti scrittori, anche quelli destinati a entrare nella storia della letteratura, faticavano a pubblicare con editori, i quali si dimostravano sempre molto selettivi. Così erano spesso costretti a raccogliere le sottoscrizioni per il proprio libro e si inventavano lettere pubblicitarie per convincere gli amici a versare una quota e prenotare l’opera, un po’ come si fa oggi con il crowdfunding. 

Anche Gadda, nel 1934, per il suo secondo libro Il Castello di Udine, si dava da fare con le promozioni e chiedeva ai propri amici di prenotare le copie del libro in uscita. 

I nuovi manager

Negli ultimi decenni il marketing si è progressivamente infiltrato nel mondo editoriale, occupando spazi sempre più importanti. Ha sostituito le postazioni di intellettuali che compievano scelte editoriali basate sulla costruzione di un catalogo di qualità – azione che richiede un investimento a lunga scadenza –con persone che operano in base al mercato. 

A partire dagli anni Ottanta i manager, spesso provenienti dalla grande industria, entrano nel mondo editoriale, ampliando il peso del settore commerciale delle case editrici: le scelte editoriali vengono così regolate dalle indagini di mercato, offrendo alle masse i prodotti che vogliono, il linguaggio che gradiscono. 

Tale tendenza ha preso un ritmo accelerato a partire dagli anni Novanta, in seguito agli accorpamenti che hanno creato strutture editoriali sempre più grandi. Ciò ha portato inevitabilmente a un cambiamento della produzione libraria, che ha lentamente soffocato le piccole e medie case editrici indipendenti. 

I grandi gruppi editoriali dispongono di mezzi economici enormi, giornali su cui pubblicizzare i propri libri, reti di distribuzione e catene di librerie dove esporre i propri titoli. Tuttavia stanziano budget pubblicitari unicamente per i libri su cui puntano, lasciando al loro destino tutti gli altri.

La nuova era dei social media

Con l’avvento di Internet tutto è cambiato, e di colpo entrano in scena i social media come nuovi protagonisti nel mondo della pubblicità e della promozione editoriale. 

Emblematico il caso di Rupi Kaur, poetessa canadese originaria del Punjab, divenuta famosa postando poesie su Instagram. Oggi, ai suoi reading organizzati in tutto il mondo, ci sono folle degne di una rockstar. 

Tuttavia il grande balzo sui social non lo ha fatto con le poesie, ma grazie a una foto scattata dalla sorella che la ritraeva di spalle sdraiata sul letto, in pigiama. Tra le sue gambe e sul lenzuolo apparivano due macchie rosse di sangue mestruale. Instagram rimosse l’immagine, ma lei la postò di nuovo, sostenendo di voler mostrare la realtà della donna, la sua fragilità.  

Il dibattito le portò fiumi di follower, che cominciarono successivamente a seguire anche le sue poesie. Il primo libro cartaceo di Kaur, Milk and honey, autopubblicato e poi ripubblicato dalla casa editrice americana Andrews McMeel nel 2016, ha venduto oltre un milione e mezzo di copie.

FONTI

A. Borsani, La claque del libro, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2019
P. Sorge, Pubblicità d’autore, Milano, Rai-Eri, 2000
M. Trotta, La pubblicità, Napoli, Ellissi, 2002
G. Cavallo (a cura di), Libri, editori e pubblico nel mondo antico, Bari, Laterza, 2020
G. Zaganelli (a cura di), Scrittori e pubblicità, Bologna, Fausto Lupetti Editore, 2011

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